Esperti in fertilità di tutto il mondo si sono riuniti nel Congresso Internazionale dell’Instituto Bernabeu per esporre gli ultimi progressi
10-10-2016
- In solo due decadi, l’età per avere il primo figlio si è posticipata dai 26 ai 31 anni, periodo che coincide con l’inizio dell’invecchiamento delle ovaie e l’apparizione delle principali difficoltà per concepire un figlio.
- Durante la prima giornata, esperti di tutto il mondo hanno analizzati i problemi da un punto di vista generico per conoscere perché le ovaie invecchiano, quali sono i biomarcatori per individuare il trattamento, nuovi progressi per selezionare l’embrione migliore e i principali aspetti emotivi.
- Durante la seconda giornata sono stati analizzati i progressi recenti relativi al processo di annidamento dell’embrione e i vari studi tesi a prolungare la vita fertile della donna.
Esperti mondiali in fertilità si sono riuniti nel congresso internazionale di medicina riproduttiva dell’Instituto Bernabeu “Meeting Experts” tenutosi venerdì 30 settembre e sabato 1 ottobre per studiare le sfide e progressi tesi a prolungare la vita utile delle ovaie e le ultime ricerche in materia di bassa riserva ovarica e annidamento dell’embrione. Più di 120 ginecologi, embriologi, genetisti e biologi molecolari di tutto il mondo si sono dati appuntamento nell’auditorio del centro di medicina riproduttiva e ricerca dell’istituto spagnolo per conoscere le ricerche e gli ultimi progressi esposti da una ventina di ricercatori internazionali. In molti casi si tratta di argomenti che creano controversie all’interno del settore medico in cui ai progressi in materia di invecchiamento ovarico si uniscono aspetti all’avanguardia e sperimentali.
Il direttore medico dell’Instituto Bernabeu, Rafael Bernabeu, riassume ciò che oggi rappresenta un problema sociale: “La placenta vive 9 mesi e l’ovaio 40 anni, se consideriamo che la vita della donna supera gli 82 anni, il ritardo della maternità rappresenta un problema sociale” sottolinea l’organizzatore del II Congresso Meeting the Experts di infertilità. “Ciò ci fa pensare che sia in aumento il numero di donne che desiderano avere un figlio nel miglior momento della loro vita, ma le loro ovaie si trovano nella tappa finale della loro vita funzionale; per questo motivo abbiamo invitato esperti in invecchiamento cellulare, in genetica, in creazione di cellule partendo da cellule staminali, con lo scopo di applicare queste conoscenze al prolungamento della vita utile dell’ovaia”, aggiunge.
Negli anni novanta l’età media a cui una donna avena il primo figlio era di 26,8 anni, attualmente 31,2. Ciononostante, gli esperti indicano che l’età biologica per diventare madre è al di sotto dei trenta.
Ha aggiunto che il congresso di Alicante “è l’evento più importante che si organizza attualmente nel mondo che tratta la questione della bassa riserva ovarica e a cui partecipano i principali esperti che dibattono su tutti gli aspetti che influiscono in una donna con bassa risposta ovarica: aspetti genetici che ripercuotono sulla risposta del trattamento, la genetica su come invecchia l’ovaia, perché determinate donne hanno una riserva ovarica scarsa, biomarcatori per poter selezionare il trattamento, nuovi trattamenti tesi ad ottenere il maggior numero di ovuli nel minor tempo possibile e altri aspetti sperimentali che stanno diventando una realtà come ad esempio l’attivazione dell’ovaio in vitro ed il ringiovanimento dell’ovaia attraverso cellule staminali.
MECCANISMO DI INVECCHIAMENTO DELL’OVAIA
Gli aspetti genetici dei problemi di fertilità sono stati la priorità della prima sessione di lavoro del congresso internazionale in cui gli esperti hanno analizzato i meccanismi cellulari e genetici che conducono all’invecchiamento delle ovaie e il protocollo di stimolazione più adeguato in base alla genetica del paziente, la cosiddetta farmacogenetica, che applica individualmente il trattamento e i medicinali più adeguati al paziente. La responsabile di questa linea di ricerca è la dottoressa Belén Lledó dell’Instituto Bernabeu.
I fattori che influiscono sull’invecchiamento dell’ovaia sono le principali linee di lavoro del ricercatore americano David Keefe. Lo scienziato è riuscito a dimostrare che esiste una connessione tra l’accorciamento della lunghezza dei telomeri dei cromosomi e l’invecchiamento dell’ovaia. Durante la conferenza ha spiegato che il controllo dei geni coinvolti nella lunghezza dei telomeri contribuirà allo studio teso a posticipare l’invecchiamento delle ovaie della donna.
Un’altra autorità mondiale nella ricerca dell’invecchiamento delle ovaie e preservazione della fertilità è il dottore americano Kutluk Oktay che ha spiegato una nuova tecnica sperimentale per il trattamento delle coppie che producono ripetutamente embrioni di scarsa qualità dopo essersi sottoposti ad un trattamento di fecondazione in vitro. Si basa sul trasferimento dei mitocondri di altre cellule della stessa paziente all’interno degli ovuli prima della fecondazione. Oktay ha indicato che la prognosi di queste coppie potrebbe migliorare.
Un’altra personalità esperta in funzionamento delle ovaie è il medico giapponese Kazuhiro Kawamura che ha gestito il team che ha contribuito alla nascita del primo bambino biologico nato da una donna giovane con menopausa prematura. Il ricercatore ha esposto il suo lavoro secondo il quale attivando il tessuto ovarico della madre si è riusciti a far maturare gli ovuli attraverso un trattamento in vitro.
Per quanto concerne le possibilità di ringiovanimento dell’ovaia, il medico canadese Yaakov Bentov ha spiegato le sue ricerche che prevedono il reimpianto delle cellule staminali partendo dall’isolamento di queste cellule per poi reinserirle nel tessuto.
La giornata di venerdì si è conclusa con un argomento controverso di Lluís Montliu del Centro Nazionale di Biotecnologia (CNB-CSIC) che ha ricordato i recenti progressi nell’edizione genoma di embrioni mammiferi utilizzando modelli animali e la possibile applicazione su embrioni umani. “Benefici potenziali con limitazioni ovvie e la considerazione adeguata di metodi alternativi già applicati, come strategie prima di aprire il vaso di Pandora”, ha avvertito l’esperto.
SECONDA GIORNATA DEDICATA ALL’ANNIDAMENTO DELL’EMBRIONE
Tenendo presente che l’embrione è il terzo paziente, assieme alla madre e al padre, in un processo di riproduzione assistita, la seconda parte del congresso internazionale sui progressi in materia di trattamenti di infertilità è stata dedicata all’embrione. In questo modo gli esperti hanno spiegato le tecniche più avanzate per ottimizzare l’annidamento dell’embrione nel ventre materno. L’obiettivo attuale consiste nell’effettuare un unico impianto per ottenere una gravidanza positiva ed evitare complicazioni sia per la madre che per il bambino.
Per quanto riguarda l’ottimizzazione dell’embrione, nel congresso sono stati analizzati tre aspetti: l’analisi della forma attraverso criteri morfologici; la genetica con lo studio dei criteri cromosomici; il comportamento attraverso il loro metabolismo. Questo è stato possibile perché nelle ultime tre decadi si sono sviluppate tecniche di fecondazione in vitro con alti livelli di precisione nelle principali cliniche di riferimento tecnologico.
La presentazione del Dottor Robert E. Anderson del Sohthern California Center for Reproductive Medicine degli Stati Uniti, ha affrontato l’analisi dei cromosomi mediante la tecnica CCS (Comprehensive Chromosome Screening). Uno strumento potente con cui si analizzano tutti i cromosomi dell’embrione e si scopre se presenta alterazioni. Il CSS è importante perché permette di scoprire eventuali anomalie cromosomiche in un embrione che apparentemente sembra perfetto, ma non lo è il suo DNA.
È stato presentato anche lo studio del ricercatore Roger Sturmey della Hull York Medical School del Regno Unito che ha studiato che nelle donne con sovrappeso vi sono più problemi di adattamento dell’embrione e nel suo studio determina che è dovuto a fattori metabolici che lo alterano e diminuiscono la capacità di annidamento.
Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che malattie come l’endometriosi causano il rifiuto dell’embrione dopo l’annidamento. Per questo il congresso ha voluto trattare un aspetto fondamentale, i microRNA, molecole che aiutano al riconoscimento dell’embrione nell’endometrio. Si tratta di studi pionieri del settore sviluppati dalla dottoressa Eva Dimitratis del Hudson Institute of Medical Research di Victoria, in Australia, il cui lavoro si basa sulla ricerca di biomarcatori della ricettività dell’endometrio materno in grado di migliorarne i valori e aiutare nel momento del trasferimento dell’embrione. L’obiettivo finale è ottimizzare l’annidamento grazie a questi marcatori che permettono di conoscere le possibilità di sviluppo dell’embrione.
Il Direttore Medico dell’Instituto Bernabeu, organizzatore del secondo Meeting the Experts, ha concluso il congresso ringraziando gli esperti che si sono dati appuntamento ad Alicante per mettere in comune le proprie ricerche e dibattere sulle sfide che i problemi di fertilità pongono agli esperti. Bernabeu ha risaltato che durante queste due giornate Alicante è stata l’apice mondiale dei principali esperti in infertilità.
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